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Quali campanelli d’allarme suonano al nome di Rana Plaza?

Nessuno. Appunto.

Pensando al lago d’Aral vi viene in mente una distesa d’acqua?

Sbagliato. Succede.

Ecco perché questo articolo va letto
con attenzione e fino in fondo.

Quando ero all’università, facoltà di MODA, vivevo in un’isola felice: studenti e professori estrosi e pieni di entusiasmo, voglia di sperimentare, arte, design. Ci preparavamo per entrare in quel mondo patinato, sempre giovane, sempre al top, il Sistema Moda. Lo stesso che il consumatore vede dall’altra parte: nelle sfilate, in pubblicità, ma anche nelle vetrine dei centri commerciali.
Noi tutti, pensando alla moda, vediamo l’isola felice: se posso, mi permetto il brand, se non posso, riesco a essere trendy con capi economici, che posso eliminare dal guardaroba in fretta e senza sensi di colpa, vista la poca spesa, per buttarmi sulle nuove collezioni che ormai incalzano in una moda sempre più veloce.

Si chiama Fast Fashion.

Immaginatevi proprio un’isola felice, con palmetta, sabbia bianca e, naturalmente, un bel guardaroba di costumi e moda mare nuovi fiammanti.

Un bel giorno, verso la fine degli studi, ho pensato di fare un tuffetto, giusto per dare un’occhiata ai fondali della mia isoletta.

Orrore, sgomento.

Ho scoperto che Rana Plaza era un grande stabilimento di 8 piani, a Dacca, in Bangladesh, dove si producevano a ritmi serratissimi capi di abbigliamento destinati ai negozi occidentali e a molti noti brand. Nonostante la scoperta di crepe in alcune colonne portanti dell’edificio, dovute ai 3 piani aggiunti illegalmente qualche tempo prima, il lavoro non poteva essere fermato: non era possibile ritardare le consegne, sarebbero scattate forti penali. La mattina del 24 aprile 2013, l’edifico crollò uccidendo oltre 1.100 persone e ferendone oltre 2.000. Ogni protesta fu messa a tacere e la notizia ebbe solo un una blanda eco in Occidente.

Ho scoperto che il lago d’Aral, in Uzbekistan, era un tempo uno dei 4 laghi più grandi al mondo, mentre oggi occupa il 10% del suo volume originario. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha definito il prosciugamento del lago come “uno dei disastri più sconvolgenti del ventesimo secolo”. Motivo di questo disastro? L’Uzbekistan è il quinto maggior produttore di cotone al mondo, e la produzione del cotone consuma moltissima acqua. La coltura intensiva del cotone nella zona, a partire dagli anni ’70, ha letteralmente cancellato il lago d’Aral.

Moda a basso costo per le aziende e alte conseguenze per le persone e l'ambiente

©Taslima Akhter

Lago Aral, il cambiamento dovuto alla moda

©Nasa

Ho scoperto molte altre cose sul Sistema Moda che nessuno ci racconta: sfruttamento, veleni, dolore. E così, ho iniziato a studiare questi fondali, questi retroscena: ne ho fatto una tesi di laurea, poi ne ho fatto un lavoro.

Il sito sustainablegate.com
è nato dal desiderio di mostrare cosa c’è sotto all’isola felice.

E se anche a voi non piace quello che trovate, vi aiuta a cambiare isola.

Realizzare il progetto Sustainable Gate non è stato facile. Raccogliere e selezionare tante informazioni, citare tutte le fonti per renderlo autorevole, scandagliare il web per cercare e selezionare brand realmente virtuosi nell’enorme panorama del settore moda, fare di tutto questo un sito gradevole e semplice da consultare, renderlo ampio e completo. Ci lavoriamo da oltre un anno e ora, come capo progetto, sono felice di annunciarvi che è finalmente nato! Andate a dare un’occhiata. Scoprirete che…

… esiste una moda virtuosa.

Anche se in Italia ce ne accorgiamo ancora poco, la moda buona avanza nel mondo e raccoglie sempre più consensi, perché i consumatori cominciano a voler sapere da dove arrivano gli abiti che indossano. Ma cosa vuol dire moda sostenibile? Può essere una moda che rispetta l’ambiente, quindi utilizza tessuti organici, meglio ancora se certificati, ricerca materiali a basso sfruttamento di risorse, evita i tessuti sintetici. Può essere una moda che utilizza una filiera trasparente, dove i lavoratori sono trattati in modo onesto. Può essere una moda che ricicla e riutilizza o che punta sulla qualità, su capi che possono durare a lungo. E può essere tutto questo insieme.

moda etica

Reformation

moda etica uomo

Christopher Raeburn

moda e gioielli etici

Wild Fawn

moda etica donna

Bav Tailor

Non pensate a una moda hippie, folk, maglioni informi e scarpe inguardabili. Oggi la moda sostenibile non ha nulla da invidiare, in fatto di design, a quella a cui siamo abituati tutti i giorni: ce n’è per tutti i gusti. Certo, costa un po’ di più perché costa più fatica e investimenti: è un po’ come andare a comprare alimenti biologici. Ma vi assicuro che ne vale la pena: il cotone biologico è incredibilmente morbido; la canapa resiste a lungo e mantiene la giusta temperatura del corpo; e avete mai provato un capo di tencel, tessuto ricavato dalle fibre di cellulosa? È fantastico! E vi assicuro che indossare capi buoni mi fa sentire anche più felice…

Ognuno di noi può fare la differenza

Ci dicono che il mondo è messo male, sempre peggio, ormai anche i più scettici devono ammettere, per esempio, che i cambiamenti climatici esistono, eccome! Il guaio è che si aspetta sempre che qualcun altro risolva le cose: la politica, le aziende, i grandi della Terra.

Sbagliato.

Un bel giorno ho iniziato a chiudere il rubinetto mentre mi lavavo i denti: da allora quanti litri di acqua avrò risparmiato? Ho iniziato a comprare bio e ho imparato a sprecare meno. Ho smesso di mangiare carne da un bel po’, quanta CO2 in meno avrò contribuito a produrre? Da anni acquisto solo capi sostenibili: costano di più ma durano di più. Quello che faccio io è una goccia nel mare, ma il mare è fatto di tante gocce!

Sustainable Gate è una bella gocciolona: Errebicom ha creduto nel mio progetto e ha investito tempo e risorse per realizzarlo. La strada è ancora lunga, la nostra visione è che diventi il più completo database di moda sostenibile, capace, nel contempo, di fornire chiare informazioni – piacevoli o spiacevoli che siano – sul Sistema Moda. Per questo, lo aggiorniamo e ampliamo costantemente.

Vorremmo anche che tante aziende, non solo i brand della moda sostenibile, credessero in questo progetto e lo sostenessero. Contiamo su di voi e sui clienti dell’agenzia: se vi fate avanti, troveremo insieme un buon modo per collaborare.

Author Fiammetta Bignotti

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